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Quale terapia per i disturbi di personalità (DP)?

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Quale terapia per i disturbi di personalità (DP)?

Curare i disturbi di personalità con la Terapia Cognitivo Comportamentale

  • Dott.ssa Alessia Sarracini
Quale terapia per i disturbi di personalità (DP)?

Nella popolazione generale, i pazienti affetti da disturbi della personalità sono numerosi. In terapia hanno un forte impatto e necessitano di procedure specifiche in grado di affrontare problematiche relazionali e sintomi spesso gravi. Se in passato l’efficacia delle psicoterapie per i DP era molto limitata, attualmente si dispone di interventi cognitivo-comportamentali capaci di gestirne al meglio la complessità.

Cosa sono i disturbi di personalità?

Il DSM-IV-TR definisce i disturbi di personalità come “modalità costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti dell’ambiente e di se stessi”, tali modalità si manifestano in modo rigido e non adattivo, causando una “compromissione funzionale significativa o una sofferenza soggettiva”.

I disturbi di personalità vengono divisi in 3 gruppi:

  • Il Cluster A include persone che spesso appaiono “strane o eccentriche”, che condividono un significativo disagio negli ambienti sociali, e sono spesso ritirate socialmente.
  • Nel Cluster B rientrano i soggetti imprevedibili e che in genere manifestano un’emotività amplificata.
  • Fanno parte del Cluster C persone caratterizzate soprattutto da alti livelli di ansia, inibizione sociale, sentimenti d’inadeguatezza e un’ipersensibilità alle valutazioni negative.

Spesso in una stessa persona si riscontra la compresenza di tratti o Disturbi di Personalità appartenenti a Cluster diversi.

Problematiche esistenziali nei disturbi di personalità

La maggior parte delle persone con un disturbo di personalità risulta insoddisfatta e sofferente rispetto alla propria esistenza a causa di difficoltà nelle relazioni interpersonali, ovvero a formare e mantenere relazioni stabili.

Ulteriori problemi si manifestano quando si presenta la necessità di individuare una propria vocazione: queste persone, se molto giovani, non riescono a immaginare un proprio percorso di studi in linea con interessi personali, passioni e qualità; invece, se adulte, sono spesso bloccate davanti all’idea di cercare un lavoro, faticano a cominciarlo e poi a mantenerlo a un livello qualitativo che le loro capacità consentirebbe.

Per ogni essere umano è importante sentirsi parte di una comunità, molte persone con DP hanno una sfera sociale talmente compromessa da sentirsi costantemente degli alieni.

Un altro aspetto problematico in presenza di DP è la scarsa padronanza sulla propria vita: molto spesso si sentono alla deriva e, come guidati da forze esterne, non riescono ad autodeterminarsi. Non perseguendo scopi in linea con propri valori, passioni, curiosità, la loro vita risulta povera e non appagante.

Molto spesso inoltre sono presenti sintomi quali ansia, depressione, ossessioni, disturbi alimentari, dipendenza da sostanze ecc…

Cura e trattamento

curare i disturbi di personalità

Niente se ne va senza averci insegnato
ciò che dobbiamo imparare

- Buddha

I disturbi di personalità hanno un impatto forte in psicoterapia e nella relazione terapeutica, richiedono azioni specifiche da parte del clinico che se ne voglia occupare in modo elettivo, ma anche da parte del terapeuta che sia specialista per altri tipi di disturbi a causa dell’alta comorbilità: Insieme ai disturbi sintomatici (ansia, depressione…), soprattutto se gravi e intensi, si riscontrano facilmente problematiche di personalità, ciò comporta la necessità di comprenderne la complessità al fine di rendere più efficace anche il trattamento dei sintomi.

Per molto tempo, si è ritenuto che la psicoterapia non fosse efficace per la cura dei disturbi di personalità, invece, alcuni tipi di interventi psicoterapeutici risultano utili.

Circa un anno fa riflettevo sulla citazione a inizio paragrafo, e su altri temi a me cari e che riguardano la sofferenza. In genere, insieme ai miei pazienti, cerco sempre di dare un valore alla sofferenza che attraversano che consenta loro di considerarla anche una preziosa opportunità perché foriera di cambiamenti mai immaginati, qualcosa per cui essere paradossalmente riconoscenti.

Quella frase di Buddha per me suona più o meno così:

la sofferenza non va via fin quando non si è disposti a darle un senso,
a cambiare e a ringraziare per averne avuto l’occasione.

Come psicoterapeuta, io per prima, tengo a mente queste parole cercando di dare un senso ai momenti di difficoltà, mettendomi continuamente in discussione, scegliendo di fare dei cambiamenti, anziché nascondermi dietro pretesti, come è successo lo scorso anno.

Essere una psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, tra tante cose, significa essere in contatto con una comunità scientifica che lavora costantemente alla ricerca di nuovi protocolli di intervento. Questo, unito al mio desiderio di approfondimento e aggiornamento continuo, mi ha permesso di scoprire la Terapia Metacognitiva Interpersonale dei disturbi di personalità (TMI) che ha portato nel mio lavoro la novità di cui avevo bisogno.

La TMI è diventata un approccio strutturato dal 2013 da Dimaggio, Popolo e Salvatore, appartiene alle terapie cognitivo-comportamentali di “terza onda” e nasce come chiave di lettura e strumento clinico per i disturbi di personalità, per i quali le tecniche cognitive standard non sempre risultano efficaci.

Paziente e terapeuta, esplorando determinati episodi relazionali problematici, trovano nessi che chiariscono la relazione tra emozioni, pensieri, desideri e i comportamenti che ne conseguono. Ciò che ne risulta è una formulazione condivisa del funzionamento mentale del paziente, dove la parola chiave qui è “condivisa”: tutto quello che il terapeuta sa e pensa, ha senso solo se compreso nello stesso modo dal paziente, che così può

  • diventare consapevole del ruolo che schemi interpersonali ormai cristallizzati hanno nel determinare sofferenza e problemi nelle relazioni
  • accedere al proprio mondo emotivo e riappropriarsene.

Una volta che terapeuta e paziente siano giunti a una comprensione sufficientemente adeguata del mondo interno del paziente, abbiano colto la natura dei sintomi e dei problemi interpersonali, possono dedicarsi alla promozione del cambiamento, ovvero alla pianificazione e messa in atto di azioni che aiutino a

  • padroneggiare la sofferenza soggettiva
  • costruire nuovi modi di percepire se stessi
  • portare alla luce nuove parti della personalità che consentiranno di vivere le relazioni in modo più appagante e in linea con il perseguimento dei propri scopi.

Un buon clima relazionale è fondamentale per l’efficacia della terapia: spesso è proprio nel qui e ora del setting terapeutico che il paziente ha modo di vedere i suoi schemi in azione e di metterli in discussione.

Pertanto in TMI il lavoro per la costruzione e il mantenimento di una buona relazione terapeutica è centrale e distintivo rispetto ad altri approcci: il terapeuta, consapevole di giocare un ruolo nella buona o cattiva qualità della relazione, presta continuamente attenzione ai segnali di mancata alleanza e, quando presenti, il focus dell’intervento diventa proprio la comprensione e la riflessione esplicita sul problema relazionale e la riparazione della rottura.

La condivisione costante, unita all’attenzione per la cura della relazione terapeutica mantiene alto nel paziente il desiderio di collaborare e di migliorare la propria vita.

 

Dott.ssa Alessia Sarracini
Psicologa Psicoterapeuta - Frosinone (FR)


Dott.ssa Alessia Sarracini Psicologa Psicoterapeuta
Frosinone (FR)

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Iscritta all’Albo degli Psicologi del Lazio n. 14801 dal 02/04/2007
Laurea in Psicologia (indirizzo Psicologia clinica e di comunità)
P.I. 02609270604

 

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